Negli ultimi anni, l’attenzione verso i criteri Ambientali, Sociali e di Governance (ESG) è cresciuta esponenzialmente nel settore finanziario, con il settore bancario in prima linea. L’integrazione dei fattori ESG è ora cruciale per il sistema bancario e finanziario, fungendo da fondamento per un modello di crescita sostenibile, capace di garantire un progresso resiliente nel lungo periodo, contro eventuali shock esterni e interni.
A partire da maggio 2020, la European Banking Association (EBA) ha introdotto le Linee Guida per la gestione e il monitoraggio dei crediti, enfatizzando l’importanza delle tematiche ESG. Queste direttive impongono agli istituti di credito l’obbligo di sviluppare piani di transizione, orientati a un allineamento prudenziale tra i rischi assunti e gli obiettivi regolamentari e climatici dell’Unione Europea. Questo richiede una pianificazione strategica dettagliata a breve, medio e lungo termine, in conformità con la Climate Law, il Green Deal e le raccomandazioni della Commissione Europea.
L’implementazione di queste direttive rappresenta un cambiamento paradigmatico nei criteri di valutazione del merito creditizio. La valutazione non è più strettamente legata alla continuità aziendale ma si estende alla sostenibilità aziendale, considerando la solidità economico-finanziaria delle imprese insieme ai fattori ambientali, sociali e di governance.
Emergono nuovi rischi associati alla transizione, tra cui quelli tecnologici, derivanti dall’adozione di nuove tecnologie e dall’abbandono di asset ad alta intensità di emissioni; rischi regolamentari, connessi a politiche climatiche come il Green Deal e i sistemi di scambio delle emissioni (ETS); rischi legali, legati ai contenziosi climatici; e il rischio di carbon lock-in, relativo alla persistenza di attività ad alte emissioni nei portafogli di prestito.
In tal senso, una maggiore esposizione ai rischi ESG influisce negativamente sul rating della società e quindi anche sul costo del debito. Di conseguenza, con l’obiettivo di premiare le aziende più virtuose in tema di sostenibilità e ridurre il rischio in capo ai finanziatori, negli ultimi anni si è assistito alla diffusione di nuovi covenant (c.d. “green covenant”), che consentono all’impresa finanziata di legare (in positivo e in negativo) le condizioni del finanziamento al raggiungimento di specifici target ambientali. In caso di mancato rispetto dei covenant, si possono quindi verificare eventi di “step up”, ossia di incremento del tasso d’interesse applicato sul prestito, per arrivare addirittura alla decadenza del beneficio.
D’altronde, il ritardo nella transizione verso modelli di business sostenibili non rappresenta solo una minaccia ambientale, ma anche un significativo rischio finanziario per le banche, potenzialmente aumentando le perdite su crediti. Uno studio di EY ha stimato che il costo del rischio di credito complessivo per le banche italiane potrebbe oscillare tra 14 e 41 miliardi di euro nel periodo 2024-2050, a seconda degli scenari climatici presi in considerazione:
È quindi evidente che un allontanamento dagli obiettivi di riduzione delle emissioni comporterà costi sempre maggiori quando la transizione diventerà inevitabile.
La Banca Centrale Europea (BCE), nella “Thematic Review” del 2022 sul rischio climatico e ambientale, ha rilevato che circa il 75% delle banche vigilate ha già introdotto i fattori di rischio ESG nelle proprie strategie aziendali, tramite l’identificazione di specifici indicatori. Tuttavia, solo il 15% ha sviluppato processi e strumenti per monitorare e gestire efficacemente questi rischi.
La principale causa di tale valutazione parzialmente negativa è attribuibile alla scarsa disponibilità di dati accurati e alla trasparenza delle informazioni sul mercato, il che rende difficile per le banche ottenere le informazioni necessarie a valutare se ci siano le condizioni per considerare con certezza i prodotti offerti ai clienti “green” o meno (si pensi ai mutui “green”, che in assenza di APE – Attestato di Prestazione Energetica – devono appoggiarsi a stime o autocertificazioni).
Oltre alla gestione dei dati, le banche devono affrontare la sfida di quantificare i benefici dei prodotti finanziari offerti. Le attuali metriche disponibili non sempre permettono una valutazione quantitativa precisa dei benefici, costringendo spesso all’utilizzo di metriche tradizionali e a valutazioni a livello aggregato.
In particolare, mentre nei confronti della clientela “Large Corporate” può essere previsto un recupero più puntuale di informazioni a livello di singola azienda ed una conseguente specifica analisi del beneficio stimato, con la possibilità quindi di definire strategie mirate e azioni personalizzate, per le PMI risulta molto complesso poter semplicemente recuperare dei dati attendibili e si ricorre quindi spesso all’utilizzo di prodotti “da scaffale”, cosa che potrebbe causare differenze significative del beneficio effettivamente conseguito tra una controparte ed un’altra.
Infine, la complessità normativa in materia di sostenibilità rappresenta un’ulteriore sfida. Negli ultimi anni, l’UE ha introdotto un ampio spettro di regolamentazioni e sigle, che adesso deve essere necessariamente “metabolizzato” dagli operatori del mercato. L’educazione finanziaria diventa così essenziale, con le banche che svolgono un ruolo cruciale nel guidare i clienti attraverso questo complesso panorama normativo.
Molte banche si sono già mosse in tal senso, come Banca Progetto, che lo scorso marzo ha siglato una partnership con Circularity, startup innovativa e Società Benefit dedicata all’economia circolare che accompagna le imprese verso l’integrazione dei principi ESG, raggruppando in un unico luogo tutti gli strumenti utili ad integrare la sostenibilità ambientale nel proprio business: formazione, tool di misurazione e consulenza tecnico-strategica per l’economia circolare e le tematiche ESG. L’accordo prevede che le aziende registrate su BusinessPlace (i.e. portale online dedicato ai clienti di Banca Progetto) possano accedere anche alla proposta di Circularity usufruendo di un pacchetto all inclusive a condizioni economiche agevolate.
In sintesi, il settore bancario è chiamato a un’importante svolta: l’integrazione dei criteri ESG non è più una semplice opzione, ma un pilastro fondamentale per garantire la sostenibilità e la resilienza future. Questa trasformazione non solo risponde a pressanti esigenze etiche e normative, ma rappresenta anche una strategia imprescindibile per ridurre i rischi e cogliere nuove opportunità di mercato.